Osteria Bonanni

Capriolo in Umido toscano, dalla storia alla ricetta

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"Il Capriolo in umido racconta una storia della nostra famiglia "
Nonna Marisa

Il Capriolo, una delle carni più amate in assoluto. Chissà come mai. Sarà per l’inconfondibile aroma selvatico, sarà per la sua ricchezza di sostanze nutritive (pochi grassi e molte proteine), oppure sarà per la sua provenienza da  allevamenti per niente intensivi.

Il Capriolo fa parte delle carni rosse e la tenerezza non è una delle sue migliori qualità. Questo è normale quando ci si trova a vivere in freddi ambienti di alta montagna. Ciò nonostante, noi italiani siamo tra i popoli che più amano il Capriolo.

Già, perché il Capriolo non si mangia, si ama. Sembra una frase fatta, e in realtà lo è, ma è anche la nuda e cruda verità. Anche perché altrimenti non stareste leggendo queste righe.

Quel sapore diabolico, che ti porta a cercarlo continuamente, è talmente delizioso che non penso di dire una blasfemia se dico che dovrebbe essere benedetto. Quel sapore arcaico e autentico, che ad ogni morso rimette al mondo gli odori e i brividi del bosco.

Questo è quello che vogliamo far vivere a chi ha la fortuna di assaggiare il nostro Capriolo in Umido, da poco anche nei nostri vasetti targati “Nonna Argìa, oppure a chi ha la fortuna di poterlo preparare a casa.Goditi adesso la ricetta autentica e centenaria dell’Osteria Bonanni. Proprio qua.

Capriolo in umido

Ingredienti del Capriolo in umido Toscano

  • 1.5 kg di Capriolo non disossato
  • 1 bottiglia di vino rosso di qualità (Chianti)
  • 3 cucchiai di concentrato di pomodoro
  • Olio abbondante
  • 2 foglie di Alloro
  • 3/4 chiodi di Garofano
  • Sale, pepe, sedano, carote e cipolle quante vi ce ne garba
  • Droghe quante vi ce ne garba (spezie, pinoli, canditi, uvetta, cioccolato)
  • Olive nere se vi piacciono

Tempo di preparazione

12 ore circa

Difficoltà

Ti piace vincere facile eh. E invece no, per le cose belle bisogna aspettare. Quando poi, oltre a tirare per le lunghe, non sono neanche semplici, alla fine diventano ancora più buone. È questo il caso del Capriolo in Umido dell’Osteria Bonanni.

Porzioni totali Capriolo in umido

4 porzioni

Procedimento del Capriolo in umido

  • Allora, iniziamo spezzando il Capriolo e lavandolo un paio di volte prima di metterlo in una ciotola capiente.
  • Facciamo un spezzatino di sedano, carote e cipolla che andiamo poi ad aggiungere nella ciotola, insieme anche a 2 foglie di Alloro e qualche grano di pepe.
  • Successivamente, nella stessa ciotola, aggiungiamo i chiodi di Garofano e copriamo il tutto con il vino, per poi lasciarlo marinare in frigo tutta la notte.
  • La mattina seguente togliamo il Capriolo dalla marinatura e lo facciamo sgocciolare un pò. Nel frattempo facciamo un battuto con 1 cipolla, sedano e carota.
  • In una casseruola mettiamo olio in abbondanza e poi anche il battuto, il Capriolo, sale, pepe e droghe e lo lasciamo cuocere fin quando vediamo che il Capriolo ha tirato tutta la sua acqua.
  • Sfumiamo il tutto con ½ bicchiere di vino rosso, preso da quello della marinatura, e lo facciamo evaporare.
  • Una volta evaporato il composto, sciogliamo il concentrato di pomodoro nell’acqua calda per poi metterlo sul Capriolo. Copriamo e lasciamo cuocere per circa 1 ora e 30.
  • Il Capriolo inizierà a staccarsi dalle ossa e, 30 minuti prima di fine cottura, aggiungete se vi piacciono delle olive nere.
  • Finalmente dopo ore è arrivato il momento di riempirsi lo stomaco, o ora o mai più!

Il capriolo in umido, a casa nostra

Ormai saprete bene che la nostra Osteria è sempre stata un locale di famiglia. Un luogo che gestiamo da generazioni e nel quale chiunque venga a trovarci si sente a casa (potrete trovare la conferma in questo articolo).

Quindi vogliamo raccontarvi cosa significa per la nostra famiglia il capriolo in umido.

Il capriolo è un animale che nelle nostre zone era poco diffuso, mentre ora se chiedete a qualche amico cacciatore, vi dirà che i cani vengono spesso ingannati durante le battute di caccia per seguire le tracce di caprioli.

Ecco perché non eravamo abituati a mangiarlo, fin quando negli anni 70 i cacciatori di paese iniziarono a fare trasferte di caccia in Ungheria.

Era un rito di fine novembre / inizio dicembre, durante il quale tutti i Turbonesi si riunivano in piazza per salutare quella piccola combriccola di “coraggiosi”, come se partissero per la guerra.

Dopo una settimana il gruppo tornava a casa, portandosi dietro i trofei della cacciata. Lepri, fagiani e qualche volta dei caprioli, che poi venivano cotti in maniera sopraffina dalle donne di paese.

Il ritorno era una festa, con tutto il paese in trepidazione per il ritorno dall’Ungheria.

È da quel momento che il capriolo è diventato un piatto della nostra tradizione.

Conclusioni

Vi abbiamo raccontato la nostra ricetta e un pezzetto di storia del capriolo in umido.

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